domenica 17 giugno 2007

GIOIA E RIVOLUZIONE

In Via Indipendenza ci sono gli Autonomi. Bisogna che fai il giro da sotto.- disse l’uomo con la radiotrasmittente.
L’autista bestemmiò, infine si decise ad aprire le portiere mentre sul bus era tutto un vano cicalecchio di: “ma cosa è successo ? cosa è successo ?”.
Inquieto da almeno otto fermate, scattai verso l’uscita scostando un po’ maleducatamente signore dai cappelli celestini e utenti vari fiondandomi sul marciapiede affollato dallo shopping del Sabato pomeriggio. Senza esitazioni presi i vicoletti semi-deserti guidato dalla mia conoscenza del centro storico e dalla cacofonia sorda e ritmata degli slogan con il contrappunto dello scorrere delle saracinesche calate, accelerai il passo ed ecco, sulla traversa principale, comparire un gruppo di ragazzi dal volto dipinto come i pellerossa che ritmava: “Ja - Ja - jacquerie ...”.
“Se questi sono del Dams lei deve essere più avanti” constatai pensando un attimo alla labirintica geografia del movimento.
Iniziai a seguire velocemente il corteo slalomando sotto al portico e risalendo la corrente di chi si allontanava frettoloso, impaurito o semplicemente irritato, circumnavigando folti gruppi di pensionati incuriositi, il tutto con l’espressione di quello che sà esattamente cosa fà.
Ad un incrocio mi fermai ad esaminare la situazione. In quel punto un gruppo del servizio d’ordine del P.C.I. era schierato disciplinatamente a proteggere qualcosa o comunque a dare l’impressione di stare controllando la situazione e mi dovetti alzare sulle punte dei piedi per sbirciare oltre e larghe spalle di un probabile operaio.
- E tu dove vorresti andare? - chiese voltandosi con aria di sfida.
Decisi che era inutile impelagarsi in un dialogo tra sordi, specie se si svolgeva sotto una pioggia di monetine, così scelsi dal mio repertorio una espressione innocente con una lieve sfumatura di indignazione.
- Da nessuna parte. Guardavo solo -
Dal corteo si levò il mio cognome subito seguito da un “Venduto! Compagno di merda!”.
Sorrisi imbarazzaro mentre un altro del servizio d’ordine mi prendeva il per un braccio.
- Se hai problemi con quelli là vieni in sezione che ti aiutiamo noi.
Restai paralizzato dal suo sguardo così uguale a quello del mio vecchio parroco quando parlava della redenzione, borbottai qualcosa e infine riuscii a liberarmi da quella mano callosa.
Il mio problema non era sganciarmi da “quelli là” ma, al contrario, tentare un rendez-vous con una persona che era lì in mezzo e che per un attimo avevo individuato per poi perderla di nuovo.
Trotterellai sotto al portico e fui quasi travolto da un gruppetto che era uscito dal corteo per un blitz. Uno del “commando“ Mi riconobbe e mi ficcò in mano una bomboletta spray.
-Vai con la scritta !! - mi incitò con un urlo da stadio.
-Ma questo è lucido per mobili- replicai guardando la bomboletta
-Puttana busona- sbottò, leggendo le scritte sulle spray - Oh! Eros ma che cazzo hai preso!- urlò verso il resto del gruppo che vedeva la propria rabbia rendersi invisibile e trasparente su un pezzo di muro.
Li lasciai alle loro beghe, infilai la bombolettta nel primo cestino della prima bicicletta che trovai e finalmente mi unii al corteo.
-Gabry- urlai scorgendola più avanti
Mi feci largo e qualcuno protestò.
-Servizio d’ordine- dissi impassibile e serio.
Ora le ero dietro, attesi un attimo poi mi infilai tra lei e un tizio alto e magrissimo rivestito da una tuta mimetica.
-Ehi Gabry, sono io, Gabry!- dissi
La metà del viso non coperta dal fazzoletto rosso era dominata dai suoi occhioni che mi inclusero nel loro campo visivo per un brevissimo attimo.
-Lo vedo che sei tu- rispose con una smorfia addirittura visibile nonostante il mascheramento - Sei l’unico senza il fazzoletto.
Di fronte al mio sorriso vagamente beota si degnò di guardarmi un nanosecondo in più con,se possibile, ancora più disprezzo.
-Un fazzoletto. Un passamontagna. Uno straccio per i pavimenti.- disse in tono eccessivamente didattico- per coprirti il viso visto che il corteo non è autorizzato.
- Ah già!- mormorai frugandomi nelle tasche, sorrisi allo scheletro in mimetica che mi fissava diffidente e infine pescai un fazzoletto da naso piuttosto stazzonato.
Mentre cercavo di annodarmelo le dissi:
-E’ una vita che provo a telefonarti e mai che ti becco-
Si rivoltò più aggressiva di quel che temevo.
-Secondo te non ho niente altro da fare che stare in casa vicino al telefono in perenne attesa di una tua magnanima chiamata?-
Finsi indifferenza a quel tono virulento.
-Niente perenne attesa- risposi calmo- è che la prossima settimana vengono gli Area al palazzo e volevo sapere se ci venivi. Per questo ti ho cercato, ma trovo sempre tua madre.
-Allora porta lei al concerto- rispose tagliente.
-Credo che abbia già i suoi impegni-
-Chiama qualcun altra allora. Magari la Carla - si unì immediatamente allo slogan lasciando sospeso il sarcasmo e il disprezzo con cui aveva pronunciato il nome.
Per contro io sentii il sollievo tipico di quando, durante una interrogazione o una discussione arriva la domanda bastarda, quella che ti faceva paura, che ti mette in difficoltà, quella da affrontare con la magica sicurezza di una arrampicata sugli specchi.
-Cazzo c’entra la Carla?- replicai infatti con prontezza sospetta- E’ una compagna con dei casini!- esitai a causa del fazzoletto che mi aveva appannato gli occhiali (con buona pace di chi pensava desse solo ebrezza)
- Non ti sarai incazzata perchè sono uscito con lei !.
Alzò le spalle, abbassò il pugno chiuso poi disse con calma:
-Puoi uscire con chi vuoi, puoi parlare con chi vuoi, anche con Kossiga, e anche io posso uscire a parlare con chi mi pare, posso non rispondere al telefono e posso andare ai concerti degli Area con chi mi tira il culo di andare.
-Cosa cazzo vuoi dire?- mi agitai attivando la curiosità dello spilungone di fianco- Cosa c’entra?, tu puoi io posso ? cazzo è? Cazzo vuoi dire?-
-Vuol dire che sei un compagno di merda, un maschilista che vede la donna solo come una tacca in più da mettere sul pistolino!
Ma il suo tono, benchè alto, fu coperto dalle urla del corteo e in particolare del tizio in mimetica.
- Fasci di merdaaa! Vi spareremo in boccaaaa!!- si sgolava realizzando il suo proposito distruttivo sul mio timpano (peraltro saldamente antifascista) posto proprio sulla linea di tiro.
-Eh? non ho capito niente. C’è stò isterico che mi trapanava le orecchie.
-Tu vuoi capire solo quello che ti conviene..
-Cazzo! se uno non sente non sente!- mi spazientii prendendo al volo il fazzoletto dal nodo vulnerabile.
Lo spilungone mi indicò con il mento. -E’ un fascio?- chiese a Gabry.
- No. Solo uno stronzo- poi sbuffando riprese scandendo fin troppo chiaramente: -Ho detto che sei un maschio di merda come gli altri. Fallocrate e represso!
Un tizio della fila di fronte si girò strizzandomi l’occhio con odiosa solidarietà maschile.
-Io? Io fallocrate e represso?- contrattaccai -ma quando? eh? No cazzo ... adesso dimmi quando? eh? in che occasione io sarei uno che pensa solo alla figa? Ma dove ... Dai lo sai che non sono così!-
- Se non lo sei vorresti esserlo.
-Voi due fate cordone!- urlò uno del servizio d’ordine..
-Cosa vuol dire sto’ discorso ?
-Vuol dire che se non lo fai è perchè non hai il fisico.- rispose senza guardarmi.
-Allora ! Stò cordone!
-Ma impiccati con il tuo cordone!- mi rivoltai spazientito
-Se la celere non ti rompe le reni poi lo faccio io e se invece te le rompe, io prima rido poi te le torno a rompere - minacciò agitando lo “stalin” il manico di piccone pateticamente truccato da bandiera.
-Rompi stò paio di palle!- borbottai tra i denti attento a non farmi sentire- Militonto del cazzo.-
Il giandone di fianco mi sussurrò -Bravo! non dargliela vinta a quei stalinisti. Sono completamente fuori linea.
Annuii non avendo la più pallida idea di quale linea parlasse e il minimo interesse a saperlo.
Sentivo l’adrenalina dell’incazzatura che mi montava dentro e, se fossi stato un compagno tutto di un pezzo, presto avrei potuto avere l’occasione per sfogarla visto che intorno a noi iniziavano già a sentirsi i primi rumori di vetri che andavano a puttane insieme alla patetica speranza di un pomeriggio teso ma tranquillo, senza rodei con manganelli impazienti e fumenti di gas chimici.
Ma dato che ero solo un borghesuccio pavido (solo in certi giorni, in altri ero un eroe) guardai Gabry e sibilai:
-Quel pomeriggio ai giardini pareva che non la pensassi così.
La pertica umana mi shakerò nuovamente il braccio.
-Tra un po' si sfonda- mi annunciò felice.
Borbottai qualcosa distrattamente mentre Gabry mi fissava cattiva.
-Ma tu che cazzo sei venuto a fare qui? Per il corteo o per farmi star male ?
Fiero di mè stesso e della mia meschinità maschile, accostai un fiammifero ad una sigaretta, mi incasinai con il fazzoletto e mi bruciai le dita bestemmiando Bogart e altro.
-Mi dai i fiammiferi?-
Mi girai verso lo spilungone che con quella sua cazzo di mimetica sembrava una salsiccia andata a male.
-Che fiammiferi ?
-Quelli- disse indicando i miei Minerva
- Ho due boccie ma sono senza fiammiferi perchè poi mia madre se li vede pensa che ho iniziato a fumare e succede un casino.
-Capisco- annuii comprensivo porgendogli i Minerva e chiedendomi oziosamente come poteva essere una vita da madre preoccupata per le sigarette e ignara delle molotov.
E la rabbia mi sbollì di colpo lasciandomi solo un grande amore per Gabry, le avvinghiai il braccio mentre il corteo aveva perso il suo passo cadenzato trasformandolo in un ondeggiamento difficilmente contenibile.
-Non voglio farti star male- dissi -E’ che ho voglia, cazzo, ... voglia di stare con te ecco. Cioè, perchè ci sto bene.
Non mi rispose continuando ad avanzare con decisione. Ma intanto i suoi occhi luccicavano di lacrime mal represse.
Pensai di dirle qualche cosa del tipo “Non aver paura di piangere. Dobbiamo liberare i nostri sentimenti senza farci condizionare dal sistema. Dobbiamo essere veri”. Ma lei mi precedette con voce piuttosto atona:
-Sparano.
-Come?- sussurai ancora in un nirvana d’amore.
Indicò un punto imprecisato di fronte a noi e mi resi conto che il corteo si era frammentato in tanti gruppetti e disperso tra i fuochi dei cassonetti delle immondizie che univano il loro fumo a quello più acre dei candelotti lacrimogeni.
Lo spilungone in mimetica era sparito, pronto ad applicare la tecnica di guerriglia boliviana tra i palazzi secolari del più grosso centro storico della Padana, i celerini avanzavano al rallentatore illuminati sinistramente dai i neon dei lampioni .
Mi voltai e vidi che molta gente era svanita nel nulla unendosi ai passanti ora veramente spaventati, così che solo ad alcuni metri da noi, quelli di Autonomia marciavano compatti, apparentemente indifferenti ai botti e fuochi, ma in trepida attesa del momento più opportuno per partecipare alla festa da protagonisti.
-Stiamo con loro?- chiese Gabry- Sapranno certamente come uscirne.
-Il problema è che non ne vogliono sapere di uscirne. Quelli se non stanno a far fare gli straordinari ai celerini non sono contenti.
Vidi distintamente un poliziotto inginocchiarsi e sparare un candelotto ad altezza d’uomo e sentii la paura prendermi lo stomaco, presto sarebbe arrivato il panico (già lì pronto in pole position) e allora avrei perso completamente il controllo di me.
Un pazzoide si tolse la giacca e, tenendola come una muleta sfidava la celere a colpi di olè.
-Teliamo- dissi trascinando Gabry in una viuzza laterale.
Di corsa superammo prima una vetrina distrutta, poi un gruppo di ragazzi che tiravano via sampietrini dal selciato.
- Ma di qua gli finiamo proprio in bocca!- urlò Gabry.
Effettivamente ,di fronte a noi si vedevano i lampi blu delle camionette, ma oramai anche tornare indietro avrebbe rappresentato un problema..
-C’è una laterale più avanti- dissi cercando più di tranquillizzare me stesso che lei.
Le gambe pompate dalla paura correvano irrazionalmente verso i poliziotti, le manganellate in testa e i calci di moschetto nelle costole, verso una notte in cella cercando di sentirsi un eroe e non un coglione pestato e ripestato.
E la laterale non si vedeva ancora promettendo di essere dietro la celere o addirittura murata da Zangheri in persona.
Forse il mio panico avrebbe aperto un varco tra le fila dei carabinieri, sarebbero arretrati di fronte alle mie isteriche urla, mi sarei trasformato in superman.
Due botti vicinissimi apparvero un lugubre preludio a ciò che ci poteva attendere. Un candelotto sfondò il parabrezza di un 128 e il fumo si trasformò quasi subito in fuoco.
-Stai giù!- urlai anche se era impossibile strisciare e correre contemporaneamente.
Speravo irrazionalmente che il mio panico avrebbe aperto un varco tra le fila dei carabinieri, che sarebbero arretrati di fronte alle mie isteriche urla, che mi sarei trasformato in superman, che capissero che in fondo eravamo buoni, dei bravi ragazzi un po’ irruenti forse, ma bravi.
Poi vidi il carabiniere fermo qualche metro più avanti. L’uomo nero, il bau-bau, il direttore della mia scuola elementare, quel bambino grosso della strada di fianco...
L’istinto di sopravvivenza mi proiettò contro il primo portone e un grande, grandissimo culo fece sì che questo si spalancasse. Riuscii non so come a mantenere l’equilibrio e mi girai tirando una pedata al legno, su cui mi gettai subito contro.
Gabry mi fissava con le pupille dilatate dal gas e dalla paura.
-Cosa facciamo?-
Non ne avevo la più pallida idea.
Fosse stato per me avrei chiamato mia madre per farmi venire a prendere, ma la soluzione sembrava poco dignitosa anche per un eroe rivoluzionario di bassa lega come me.
-Muoviamoci.- dissi più che altro per mettere più metri possibile tra noi e quello che c’era fuori.
Il cortile in cui eravamo finiti era piuttosto grande e circondato da un portico. Mi diressi all’angolo opposto e trafficai con una vecchia cancellata che si aprì subito. Salimmo una scala che ci portò su una loggia su cui si aprivano delle porte scure.
Guardai le lucide targhette di ottone mentre Gabry si sporgeva oltre il muretto che serviva da parapetto.
-Ma pensa te che posto!- esclamò guardando il secondo cortile più piccolo ma impreziosito da un noce al centro.
-Bologna ha ancora delle sorprese come queste- sospirai lasciandomi andare a terra e appoggiando le spalle contro il parapetto.
Forse ce l’avevamo fatta, o il caramba non ci aveva visto o,più probabilmente, non ne voleva mezza di sfondare un portone in cerca di due sbarbini impauriti. Il corpo stava ringraziando le gambe per averlo salvaguardato da una ripassata di manganello e la spalla decise di farmi un po’ male, giusto per ricordare il suo ruolo fondamentale nella faccenda del portone. Decisi quindi che ero abbastanza in salute per rovinarmela con una sigaretta.
-Ne hai una anche per me?-
Annuii cercando il pacchetto.
-Non ho i fiammiferi però-
-Forse ce li ho io- disse mettendosi a frugare nella grossa borsa di cuoio.
-Ma dove cazzo...- si spazientì rovesciandone il contenuto.
Sprecai due svedesi, le mani non ne volevano sapere di stare ferme e continuavano a tremare incontrollatamente.
-Se ci avessero visti sarebbero già qua.
-Forse sì, forse no. Nel dubbio è meglio che facciamo sparire stà roba.
Presi il mezzo limone che era rotolato fuori dalla sua borsa, lo avvolsi nel fazzoletto rosso e misi il tutto dietro un vaso.
- Certo che se per difendersi dal gas dei lacrimogeni occoresse il succo di un cocomero invece che quello del limone, sarebbe un bel casino !.
Si sentiva ancora qualche botto, suoni di sirene, rumori indefinibili che faticavano a superare le vecchie mura per venire a turbare la pace del cortile.
-Chissà che fine ha fatto quel tipo smilzo che era vicino a te- disse Gabry.
-Quello in mimetica?
-Proprio lui- confermò- che cartola!-
-Probabilmente sarà preoccupato perchè farà tardi per la cena.
-Mi sa che faremo tardi in molti- disse pensierosa- Ma mio padre sarà così contento di vedermi viva che non si incazzerà nemmeno.
-Certo che se continuano a sparare così ... dai candelotti ai proiettili .
-Qui?- chiese Garby poco convinta- a Bologna!-
-Non credo che Bologna sia diversa da tante altre città. Anzi. Dopo la storia di Lama gli di nuovo preso la paranoia del complotto - mi infervorai- Meglio pensare ad un complotto che rispondere alle critiche. Li hai visti no i partigiani? Pensano solo che siamo tutti teppisti e piangono sulle vetrine di negozi dove loro non ci potranno mai mettere piede!-
-Fanculo!- conclusi accendendo un’altra sigaretta.
-Sei quasi più incazzato di prima quando ti ho detto quelle cose in corteo-
-Ma no ... è che ... ah sì!.
-Pensi che sia libero là fuori?- svicolai imbarazzato.
-Non so. Qui si sta bene. E’ tranquillo. Solo un po' freddo.
-Vieni più vicino.
La sentii rannicchiassi sotto la mia spalla.
-Che culo quel portone !
-Se non era aperto erano cazzi amari
-E non avremmo mai scoperto stò posto. E comunque non ti dovevi preoccupare perchè ti avrei difeso con il mio giovine corpo... ma ero veramente TANTO incazzato prima?-
-Un po'- ridacchiò lei.
- Un po’ quanto ?
- Un po’ quanto me. Cioè...
Tirò su la testa.
-E che ... che mi sentivo assurda quando ti dicevo quelle cose e mi incazzavo con me stessa. E ... e allora mi incazzavo con te perchè mi facevi incazzare con me e ... non so se hai capito cosa voglio dire.
-Penso di sì.
-E allora facciamo tanti bei discorsi e poi ... poi siamo uguali agli altri.
-C’è una differenza. Noi almeno ci proviamo a essere migliori.
-Forse- annuì
-Comunque, se devo essere sincera- riprese dopo un attimo di silenzio- Quella notte ai giardini sono stata veramente bene.-
Le sorrisi e finalmente le nostre labbra scacciarono tutte le paure.
Ci tenevamo per mano sbirciando oltre gli angoli dei muri per non incappare in un posto di blocco dove il semplice fatto di essere giovani e con i jeans era considerato un reato. La tensione si vedeva nei vetri rotti e nelle carcasse bruciate di qualche macchina ma la città stava riprendendo il suo ritmo normale e tra poco la gente sarebbe uscita per andare in qualche vecchia osteria del centro, completamente ristrutturata, a bere vino carissimo e parlare dell’argomento preferito da dieci anni a questa parte,ovvero: “Bologna dieci anni fa era meglio.”
-Dai, domani fai fuga e andiamo ai giardini.
- Non posso. Ho il compito di matematica alle prime due ore- rispose lei sporgendosi dalle portiere ancora aperte del bus.
-Allora ci penso io. Telefono alla tua scuola e dico che c’è una bomba-
Rise mentre l’autobus partiva e continuavamo a mandarci baci fino alla prima svolta.
Cercai il pacchetto di sigarette e invece mi capitò tra le mani un pennarello. Era nella borsa di Gabry e l’avevo intascato per sbaglio.
Mi avvicinai ad una colonna e a grandi lettere scrissi ”L’AMORE E’ RIVOLUZIONARIO”.
Un signore anziano mi stava fissando.
-Giovane a chi tocca poi cancellarlo?- abbaiò
-A Zangheri- risposi 11- Se ci riesce- aggiunsi mentre mi allontanavo ridendo...

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