domenica 17 giugno 2007

- Mi dai 50 carte che devo andare a farmi fare un prelievo ?
- Se avessi 50 carte andrei al centro prelievi delle nigeriane di Via Tuscolano che chiedono solo 30. E con i 20 che avanzano andrei a mangiare alla Sosta. - rispose Andrew ignorando la mano tesa.
Renzone sogghignò allungando la mano verso il bicchiere di amaro, considerò che non c'era tanto liquido nel bocchiere e ripiegò su una Diana rossa.
Fino ad allora la serata era stata loffia, troppo loffia. Era smontanto dal turno delle 18 ed ora, dopo tre ore buone buone era lì, impantanato al tavolino di plastica sotto il portico.
- vieni con me Renzone che ti porto in un posto buono ?
Lui era già due ore che era l a quel cazzo di tacvolino a cenare con l'Unicum e non aveva nessuna prospettiva di far girare la serata. Ma dato che era un predatore da Bar e sapeva che bastava pazientare e qualcosa, prima o poi, succedeva o arrivava era stato l a bere ed aspettare. Nonostante la grande, grandissima noia che aveva, cercè di darsi un tono giusto per far capire che Renzone non andava poi in giro al primo invito.
Quindi si tormentò mustacchi ingialliti dalle Diane e, serissimo, chiese:
- dove si và ?
Andrew guardò un attimo quel faccione reso più roseo dalla corona dei lunghi capelli bianchi, si fissò un attimo sulle eruzioni cutanee che stavano apparendo sulla fronte di Renzone e la cosa gli diede un involontario sguardo serio e profondo. Così quando disse : - fidati Renzone, ti porto in un posto e basta. - l'altro , che avrebbe seguito anche chi gli avesse proposto di sbadilare letame pur di schiodarsi dal pantano del bar, ebbe la scusa per dire: - Ok, finisco questo e sono con te.- e non era arrivato all'ultima sillaba che l'amaro era oramai solo ed esclusivamente un problema del suo fegato.
Andrew manovrò la sua rispettando una delle regole del bar: uscire dal parcheggio senza far spostare le macchine che ti chiudevano, e se la cosa riusciva dopo un tot di bevute, erano punti guadagnati.
- soccià se sapevo che avevi uno stereo così, prendevo una delle mie cassette.
- Non lo so Renzone, è un bagaglio che và e non và- rispose Andrew temendo che l'altro avesse nel borsello un nastro di Franco Paradise.
- No, ma dicevo così, sai che io ho scritto delle canzoni per Franco Paradise no ?
- Sì, me le hai fatte anche sentire. C'era quella sulla amicizia tradita…
- Esatto.
- Che poi mi hai detto che è una storia vera eccetera eccetera.
- Proprio lei. Al prossimo incorcio gira a destra.
- Dovevamo andare dall'altra parte.
- Giri poi alla traversa, ma volevo passare di qua a vedere se c'è ancora quella russa…
La vecchia auto si destreggiava bene nelle strade deserte di una delle tante piccole zone industriali alla periferia della città. Quattro o cinque isolati di capannoni delimitati da strade in cui le macchine aziendali parcheggiate nel pomeriggio lasciavano il posto, appena si accendevano i lampioni, alle prostitute. Mentre si avvicinava il cartello che annunciava il confine della città con l'hinterland as Andrew venne in mente che recentemente si era volto il GP di Formula 1, cosa che lo interessava meno del campionato di cricket ma che era tra i massimi interessi del suo passeggero. Così, a livello preventivo, buttò lì un argomento neutro.
- Chi c'era lì al bar ?
- Stasera non c'era un cazzo. I soliti scoppiati. Oramai il posto si è rovinato. Io lo frequento di meno.
Andrew evitò di indagare sui parametri del più e del meno considerando che oramai Renzone poteva quasi dirsi socio del barista, trascorrendo quasi il medesimo tempo nel medesimo locale.
Quindi saggiamente (e ruffianamente) ne convenne pigiando un po' di più il pedale dell'acceleratore su uno stradone tanto bastardo da non sapere se era ancora città o già campagna.
- Forse ho capito dove mi porti.
- Non ti dico un cazzo Renzone.
Erano entrati in uno di quei paesi subito fuori città, paesi che lo erano di nome, di storia e amministrativamente, ma che in pratica ora potevano definirsi solo ed esclusivamente dormitori. Ad un incrocio su cui si affacciava una vecchia casa colonica in demolizione, l'auto girò verso un gruppo di case tutte uguali e apparentemente disposte da un urbanista con seri problemi mentali, poi prese un'altra strada che finiva nel cemento. Parcheggiò (o meglio: spense il motore) in fondo, dove c'era il cordiolo di cemento che delimitava una decina di metri di erba incolta al di là della quale si vedevano fioche luci. Sembrava impossibile con il buio, ma lì, fino a qualche anno prima c'era un capolinea di una linea del bus. E tra quelle fioche luci ce ne era una di un bar.
E dove c'era un capolinea coincidente con un bar, c'era un ricordo di Renzone.
Con insospettata agilità, questi uscì dall'auto, si grattò la buzza, infilò il borsello sotto braccio e trovò subito un sentiero lastricato nascosto tra le erbacce.
Andrew riuscì a superarlo proprio in tempo per spalancare la porta del locale, buttare una occhiata dietro al bancone e lanciare un tonante:
- Ciao Gualtiero, guarda chi c'è !
Un uomo che dimostrava almeno 5 anni di più di quella che aveva, uscì da dietro al banco mettendo a fuoco la porta attraverso le occhiaie e il fumo della sigaretta.
Poi, il labirinto di rughe si distese in un sorriso che faticava a tenere a freno una dentiera bisognosa di un tagliando.
- Ma chi mi hai portato ! Il mio amico Renzone !
L'abbraccio tra i due apparve più un incontro di sumo. Alla destra Renzone: polo blu in terital che tirava di brutto sulla prominenza alcolica della pancia, cappelli all'omero con vaghe striature giallognole tra il bianco, borsello abilmente tenuto sotto l'ascella.
Dalla parte opposta il barista: permanente vecchiotta e bisognosa di un ritocco di tintura nera che arrivava sotto la scapola lasciando una striscia grigia sulla camicia bianca infilata nei jeans, sigaretta ultraleggera con cenere in precario equlibrio, accento ferrarese.
All'incontro, intanto il bar si era fermato. Non ci voleva molto, dato che la vita nel locale sembrava fissata in un tempo immobile scandita dai ritmi alcolici. Ampio, con due vetrine che davano sul marciapiede, la sala principale era atraversata da un lungo bancone ad angolo di fornte la quale troneggiava un tv seguita vacuamente da un maghrebino avido di ogni termine linguistico italiano. Alla sinistra del banco, una sala con qualche tavolino occupato dalla tossica ufficiale del paese e da un pensionato meridionale, in fondo una teorie di macchinette mangiasoldi con davanti un paio di personaggi in stato catartico.
Intanto i due protagonisti si erano finalmente sciolti dal lungo abbraccio finito in un pareggio.
- Come stai ?
- Non c'è male, e anche tu ? ti vedo in forma,
- Hai visto che te lo avevo detto che te lo avrei portato ? - si intromise Andrew sentendosi molto la Raffaella Carrà che riunisce famiglie dopo ventenni.
- Cosa bevi Renzone ? Guidi ancora i bus ?
- Ssssè ! prenderei un unicum. E tè suoni ancora ?
- Oramai solo ogni tanto. Ho preso una tastiera che è una favola ma sai… il bar, il tempo.
- ehh… tu sì che stai bene…
- Ma c'è il mio amico Renzone ! che piacere, che piacere…
- cosa ti avevo detto: che te lo portavo no ? io prenderei una Ceres.- interloquì ancora Andrew trovandosi in mano un bicchiere tracimante lo stesso J& B che riempiva il bicchiere del barista.
- Alla amicizia ! - urlò questi brandendo il wisky come la fiaccola della statua della libertà.
Seguì un logico brindisi a cui si associò la tossica di paese con la sua Moretti da 66 cl e una frase in maghrebino detta da qualche parte laggiù, vicino al bancone.

- Quando facevo capolinea con il 98 prendevo sempre una piada e qualcosa da mandarla giù, e ci frequentavamo sai ? l'ho anche seguito quando faceva le serate con l' Orchestra. Molinella, Ostellato, Codigoro. Paesi di mmerda. Era bravino sai ?
-Uhmm uhmm
Andrew dapprima aveva provato a calcolare quanti soldi gli ersano partiti nei vari giri di festeggiamento della riunione dei due personaggi. Poi, considerano l'impresa improba , si era concentrato nella duplice operazione di guidare con il suo pilota automatico alcolico inserito e di far finta di ascoltare Renzone ponendo, di tanto in tanto una domanda intelligente.
- No, ci siamo frequentati per un bel po' di tempo. Sua moglie, la Lina, cucinava una anguilla che era una favola. Loro sono di là: Comacchio, Portomaggiore o uno di quei paesi di mmerda lì.
L'autista prese in considerazione l'idea di sfruttare un semaforo rosso per vomitare, poi trovò le sigarette, considerò che la tossica gliene aveva scroccate più di quelle che credeva e partì non aspettando il verde.
- Siete molto amici dunque.
- Io non ho amici. Al limite conoscenti.- sentenziò Renzone - e poi stò cancellando anche quelli.
- Vabbè, il problema è quello che ti dico sempre: sei troppo buono e la gente se ne approfitta.
- Sssè ! diciamo che è così. Comunque con Gualtiero ero di famiglia. Soccia la fighina che c'era prima l'hanno già caricata. Lo dicevo io.- considerò lanciando una occhiata professionale alle battone.
- Ma sai Renzo, quando abitavo lì da quelle parti quel bar lì l'ho un po' frequentato. Niente di che, tipo che alla sera era difficile che ci passavo. Più che altro colazioni. Poi mi hai detto che conoscevi il posto e così lo dico al barista e questo inizia a fare dei gran squasi come se avessi parlato di suo fratello emigrato in Australia e mai più rivisto.
- Eh… - sogghignò Renzone - a volte lascio dei bei ricordi.
- Peccato che non c'era la moglie. Lei la conoscevo un pelo di più, sempre un complimento per mia figlia... Da giovane doveva essere stata una gran bella donna. - concluse Andrew accostando ad una doppia fila di auto di fronte al consueto bar.
- Guarda mò qui com'era.
Andrew spense il motore e accese le luci interne prendendo in mano le foto che Renzone aveva estratto dal portafoglio e che gli stava porgendo.
Nella prima c'era l'amico. Pareva uguale ad ora ad eccezione di un ventre molto meno prominente, ma ad un esame meno approfondito si notava che i consueti baffoni e i capelli lunghi erano ancora neri. Seduto su un cofano di una Giulietta 1300 coupè teneva un braccio intorno alle spalle di una donna che Andrew riconobbe come la moglie del barista al netto di anni di sacrifici e lavoro.
- Già. Era una gran bella donna. -commentò serio.
- Anche una gran bella chiavata se è per questo. - concluse renzone aprendo lo sportello prima di aggiungere:
- Bevi qualcosa ?

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